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Coronavirus, il Csm boccia il decreto 'Cura Italia' per le carceri

Non sono sufficienti le misure varate dal governo con il decreto Cura Italia per ridurre il sovraffollamento carcerario e così il rischio contagio da Coranavirus nelle carceri. Di più: sono "inadeguate" a raggiungere gli obiettivi che l’esecutivo si è posto. E questo anche per "l’indisponibilità " dei braccialetti elettronici a cui è stata subordinata la concessione della detenzione domiciliare a chi deve scontare pene residue sino a 18 mesi. E’ un messaggio chiaro quello che il Csm consegna al ministro della Giustizia e al governo, con il parere sul provvedimento, che l’assemblea di Palazzo dei marescialli ha approvato a maggioranza, nel corso di una riunione a cui la maggioranza dei consiglieri hanno partecipato da remoto proprio per l’emergenza Coronavirus. Il tutto accompagnato dalla richiesta di interventi per differire alla fine dell’emergenza l’ingresso in carcere di nuovi condannati a pene brevi per reati non gravi.
Una presa di posizione che arriva in una giornata tragica, che fa registrare la morte di un altro poliziotto penitenziario (il secondo dall’inizio dell’epidemia), il contagio di un altro detenuto - il sedicesimo - e la preoccupazione del Garante dei detenuti per la difficoltà di alcune carceri nel garantire l’isolamento di chi è in quarantena preventiva.
"Apprezziamo la volontà di ridurre in tempi brevi, con un procedimento semplificato, la popolazione carceraria al fine di fronteggiare meglio il rischio epidemiologico nelle carceri", ma la previsione che il beneficio previsto sia "condizionato all’applicazione del braccialetto elettronico, consentirà di fatto ad un ridotto numero di detenuti di poter uscire dal carcere, poichè è notoria la indisponibilità di un numero sufficiente di braccialetti" sintetizza Giuseppe Marra, presidente della Commissione (la Sesta) che ha messo a punto il parere. "Vi è perciò il concreto timore che le buone intenzioni vengano frustrate, anche perchè la clausola di invarianza finanziaria non fa ben sperare per nuovi acquisti".
Sul documento però i consiglieri si sono divisi. Dodici sono stati i voti a favore, 7 i contrari , 6 gli astenuti. Non ha votato il parere l’intero gruppo di Area che avrebbe voluto che il Csm chiedesse al governo, vista la gravità della situazione, "scelte drastiche": come l’applicazione automatica della detenzione domiciliare a tutti coloro che hanno una pena da scontare sino a due anni, con esclusione solo dei condannati per i delitti più gravi. Una misura, ha spiegato il capogruppo
Giuseppe Cacini, che porterebbe fuori dal carcere 21mila detenuti e consentirebbe di realizzare anche nelle carceri quel distanziamento sociale che "tutti gli esperti ci dicono essere l’unico presidio efficace contro la diffusione del virus", oggi "impossibile da garantire" con 60mila detenuti e altre 60mila persone, tra poliziotti e operatori penitenziari, che quotidianamente entrano nei penitenziari.
Contrari invece al parere, per ragioni diametralmente opposte, i togati Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita (di Autonomia e Indipendenza, mentre il resto del gruppo compreso Piercamillo Davigo, ha votato a favore), che giudicano invece le misure del governo "un indulto mascherato. Un provvedimento "grave", secondo l’ex pm di Palermo perchè "questi benefici sono stati concessi all’indomani del ricatto allo Stato" rappresentato dalla rivolta nelle carceri, voluta e promossa da "organizzazioni criminali": "se non è un cedimento dello Stato rischia di apparire tale" a queste organizzazioni e all’opinione pubblica. Hanno votato contro anche i laici della Lega e dei Cinquestelle, alcuni di loro perchè convinti che il Csm sia andato oltre le proprie competenze.