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Disabilità e carcere, un focus per comprendere la doppia reclusione

Oggi è la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Vi proponiamo un focus sul mondo del carcere.

Disabilità come assenza, una sottrazione alla “normalità” che oltre le mura di un carcere si somma alla perdita della libertà. Due mancanze difficili da colmare che impongono un trattamento dedicato, costruito intorno ai bisogni del detenuto che ha portato con sé dentro il carcere un fardello più pesante degli altri.

All’interno degli istituti italiani sono oltre 140 i disabili fisici e 60 quelli psichici, un numero consistente che richiede personale qualificato, strutture adeguate e moderne, supporto medico costante. Per farlo sia il legislatore che l’Amministrazione hanno previsto fattispecie giuridiche specifiche e un sistema trattamentale che permetta al detenuto di non lasciare al di fuori del penitenziario le cure e il sostegno di cui avrebbe bisogno.

Sono due mondi opposti, quello della disabilità fisica e psichica, che tuttavia seguono regole condivise e trovano nel sistema penitenziario centri di eccellenza che possono fare da apripista a un nuovo modo di intendere la detenzione.

In particolare, sono oltre 60 i disabili psichici nelle carceri italiane. Vanno distinti dagli internati perché sono considerati dall’ordinamento a tutti gli effetti detenuti, quindi scontano regolarmente la loro pena, ma lo fanno in sezioni a loro riservate, generalmente all’interno degli Ospedali psichiatrici giudiziari. Ad oggi, l’unico caso in Italia in cui sono inseriti in uno specifico reparto di una casa di reclusione è quello di Rebibbia. Ma le cose presto cambieranno perché con il passaggio della gestione sanitaria nelle mani delle Asl, anche questi disabili saranno tirati fuori dagli Opg e per loro saranno individuate misure trattamentali specifiche ma all’interno delle sezioni ordinarie.

Ad oggi, le strutture che ospitano disabili psichici sono gli Opg di: Barcellona Pozzo di Gotto, Napoli Secondigliano Reparto Verde, Castiglione delle Stiviere e Reggio Emilia. A queste, come detto, si aggiunge la Casa di Reclusione Roma Rebibbia che ospita attualmente 18 detenuti con problemi psichici.

I disabili psichici ricevono il costante controllo di personale medico e sono sottoposti ad un regime di detenzione meno severo che favorisce la partecipazione alle attività trattamentali e formative dell’Istituto. Anche per questo, prima del nulla osta dell’autorità giudiziaria, è fondamentale l’analisi medica accurata della veridicità della disabilità.

In attuazione del fondamentale principio di umanità del trattamento penitenziario (art. 27, comma 3, Cost, e art. 1, comma 1, o.p.), nonché della generale regola della differenziazione degli istituti penitenziari in relazione alle necessità trattamentali dei detenuti (art. 64 o.p.), la legge sull’ordinamento penitenziario del 1975 detta, all’art. 65, specifiche disposizioni concernenti i detenuti che, a causa di infermità o minorazioni fisiche, necessitano di un appropriato trattamento sanitario.

In particolare, il comma 1 dell’art. 65 stabilisce il principio per cui “i soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche…devono essere assegnati ad istituti o sezioni speciali per idoneo trattamento”. Tale previsione di carattere generale viene meglio circostanziata dal comma successivo; quest’ultimo, infatti, individua i soggetti da assegnare “a tali istituti o sezioni” in coloro “che, a causa delle loro condizioni, non possono essere sottoposti al regime degli istituti ordinari”.

Così disponendo, il Legislatore demanda all’Amministrazione penitenziaria il compito, da un lato, di predisporre strutture “speciali” - in quanto idonee a rispondere alle peculiari necessità di tipo sanitario di una parte della popolazione detenuta -, dall’altro, di assegnarvi, per il tempo ritenuto necessario, quanti sono affetti da patologie incompatibili con la restrizione negli ordinari stabilimenti penitenziari.

Come osservato da autorevoli studiosi (G. di Gennaro, R. Breda, G. La Greca), l’individuazione dei detenuti e internati da inviare negli istituti o sezioni speciali non comporta tanto la risoluzione di particolari questioni giuridiche quanto, piuttosto, l’applicazione “di comuni criteri di carattere fisio-patologico”. La concreta applicazione di questi criteri ha suscitato le perplessità di chi (G. Catelani), riferendosi a prassi amministrative ormai superate, ha osservato che “la qualifica di minorato fisico” si sia spesso risolta “in un semplice strumento per ottenere un migliore trattamento vittuario”.

Le disposizioni dell’ordinamento penitenziario sin qui esaminate vengono opportunamente integrate dall’art. 111, comma 1, del regolamento (D.P.R. n. 230 del 2000) che, al fine di garantire la concreta attuazione degli obiettivi perseguiti dalla legge, richiede un’adeguata qualificazione tecnico professionale per l’organico assegnato alle sezioni per infermi e minorati. Tale norma, in particolare, stabilisce che le strutture in discorso devono essere dotate del personale infermieristico necessario per adempiere alla loro peculiare “funzione di cura e di riabilitazione”.