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Tra Regina Coeli e Rebibbia 20 detenuti con problemi mentali

«A Roma, tra Regina Coeli e Rebibbia, ci sono 20 detenuti con problemi mentali, per lo più giovani, che dovrebbero essere trasferiti in strutture apposite, le Rems, invece rimangono in carcere perché non ci sono posti». L’allarme arriva da Gabriella Stramaccioni, garante dei detenuti della Capitale. Una situazione potenzialmente esplosiva, che vista la delicatezza dei casi in questione e le difficoltà emerse negli ultimi anni nel gestire queste persone da parte degli istituti penitenziari, può portare anche a gesti terribili. Due anni e mezzo fa Valerio Guerrieri, ragazzo borderline con vizi di mente, a soli 22 anni si è impiccato nella sua cella a Regina Coeli. Per questo ora sono a processo sette guardie penitenziarie e una psicologa per omicidio colposo, mentre la direttrice e una dirigente del Dap rischiano un procedimento con accuse che vanno dall’omissione di atti d’ufficio al reato di morte come conseguenza di un altro delitto.
 
Non solo: con l’esplosione dei focolai di coronavirus nelle carceri, si rischiano ulteriori problemi. Dopo l’ultima decisione del Consiglio dei ministri 5mila detenuti sono stati mandati a casa con il braccialetto elettronico. Per i ragazzi con problemi mentali sarebbe una soluzione a metà: per loro servono strutture adeguate, con le stesse Rems che non sono state impeccabili negli ultimi anni, per usare un eufemismo.
«Sono casi problematici – ci spiega Stramaccioni – queste persone dovrebbero essere sorvegliate in una certa maniera. Sono persone difficili da contenere, da coinvolgere nelle varie attività e la polizia penitenziaria non ha il personale necessario per badare a loro. Tutti hanno un provvedimento per essere curati e contenuti nelle Rems, non in un carcere. Chi dirige gli istituti penitenziari ha provato a parlare con le Asl per trovare un posto, lo ha fatto Silvana Sergi anche con Valerio Guerrieri, ma non c’è nulla da fare. I posti non ci sono: le liste di attesa sono lunghe e queste persone rischiano di entrare nelle Rems tra un anno. Forse troppo tardi: potrebbero peggiorare definitivamente o potrebbero non aver più bisogno di una struttura così, per vari motivi».

Fino a pochi mesi fa tra le persone in questa condizione c’era anche Giacomo Sy, ragazzo bipolare di 25 anni e nipote dell’attore Kim Rossi Stuart. Lo scorso dicembre la madre Loretta Rossi Stuart, insieme a Stramaccioni, ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo: dopo dieci mesi di detenzione ad aprile i giudici sovranazionali hanno imposto all’Italia di liberarlo dal carcere e hanno condannato il nostro Paese a pagare una multa. Adesso è stato trasferito nella Rems di Subiaco.
Tra chi invece ancora aspetta c’è un giovane di 35 anni detenuto a Regina Coeli. La mamma, che vuole restare anonima, ci racconta che «il figlio sta male psicologicamente e ha avuto tante vicissitudini complesse, ha una causa civile in corso ed è stato arrestato perché ha dato dei calci ad un portone. Noi faremo ricorso alla Corte europea come ha fatto Loretta per provare a liberarlo e portarlo in una Rems o in una comunità, come consigliano gli psichiatri».