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L'appello dei cappellani delle carceri: Non seppellire mai la speranza

"La Chiesa è vera, è evangelica, solo quando nel suo parlare è chiara, non addolcisce il messaggio evangelico e non ha paura del giudizio negativo del mondo". Al tempo stesso, "il nostro compito, anche davanti a queste indicazioni della Chiesa, deve essere inteso nella sua forma positiva di apertura alla speranza e non di allontanamento delle persone, né di rifiutare il peccatore, bensì deve essere da monito in vista di un possibile ravvedimento per un cammino vero di conversione". Lo ha detto don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane, ricordando la scomunica da parte del Papa per i mafiosi, nel suo intervento al seminario di formazione per i cappellani che operano nelle carceri con sezioni 41bis, che si è svolto a Roma il 3 e il 4 dicembre. "Noi, come comunità cristiana che entra nel carcere e parla al cuore dell'uomo, non dobbiamo mai dimenticare, anzi siamo chiamati a ricordarlo sempre a tutti, che ogni persona, anche se si è allontanata dalla via del bene, compiendo gesti di violenza e di morte, conserva sempre la sua dignità di essere umano", ha sostenuto il sacerdote. Di qui l'invito a "non seppellire mai la speranza", anche attraverso le parole di Papa Francesco durante l'udienza privata a tutto il personale dell'amministrazione penitenziaria, il 14 settembre scorso: "Mentre si rimedia agli sbagli del passato, non si può cancellare la speranza nel futuro. L'ergastolo non è la soluzione dei problemi – lo ripeto: l'ergastolo non è la soluzione dei problemi -, ma un problema da risolvere. Perché se si chiude in cella la speranza, non c'è futuro per la società. Mai privare del diritto di ricominciare!".